giovedì 15 gennaio 2015

Proprietà agricola e rivolte contadine


In tutta Europa sopravvivevano i vincoli feudali che coinvolgevano praticamente l’intera popolazione contadina, la quale era legata al signore a cui doveva prestazioni economiche (concordate in tempi molto precedenti) regolari e straordinarie (in caso di cessione o eredità da parte del contadino della propria terra), si trattava di fatto di uno stato di semi proprietà della terra, nella quale il contadino a causa dei canoni da pagare al signore non godeva dell’effettiva proprietà degli appezzamenti di cui usufruiva. D’altro canto anche il signore era tenuto nei confronti del contadino a garantirgli una serie di diritti, fra cui lo sfruttamento delle sue terre incolte per ricavarne materie prime, facendo si che si manifestassero due tendenze in opposizione fra loro; il contadino cercava di limitare quanto più possibile l’espansione dei diritti signorili per impedire di ripiombare nella condizione di servaggio (ancora presente in alcune regioni francesi e tedesche), mentre il signore nel tentativo di mantenere le sue rendite cercava di legare al lavoro della terra quanti più contadini possibili.

La condizione qui espressa, quella del contadino libero che paga un canone al signore, era tipica delle regioni dell’antico feudalesimo europeo ( Francia e Germania) mentre nelle regioni orientali del continente i diritti di servitù conservavano caratteri ben più aspri.
In Polonia, Germania orientale, nell’impero austriaco e in Russia infatti i diritti dei contadini erano estremamente limitati, persino il matrimonio doveva avere l’approvazione del signore, così come la volontà di spostarsi. L’Europa orientale infatti divenne ben presto teatro di moltissime rivolte contadine ( Boemia 1775 o quella di Pugacev in Russia fra il 1773 e il 1775) che divennero la manifestazione palese della non accettazione dello stato di servi, in cui vivevano da generazione i contadini dell’est europeo.



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